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ITALIA: OCCORRE RICOMINCIARE A PRODURRE BELLEZZA! | et at: 15/07/2012 |
Italia: Occorre ricominciare a produrre bellezza! - Mentre dai vertici governativi, arrivano segnali sempre piu' inquietanti in merito alla vendita di non ben precisati beni dello Stato, da più parti si conviene invece di ripartire dalla capacita' di produrre bellezza che abbiamo in Italia, cio' nonostante il bilancio del Ministero dei Beni Culturali sia diminuito del 36% negli ultimi 10 anni. L'arte e la bellezza devono ricominciare a circolare, ad innervare il Paese, ad ispirare non solo gli addetti del settore, ma anche gli imprenditori, i commercianti, il mondo della comunicazione, deve tornare ad essere la molla del Paese, dobbiamo tornare a competere con la bellezza e bisogna dare forza a chi sa produrla, essa è il nostro DNA e forse, l’unica grande eredità che puo' essere vantata da chi ci seguirà, non avendo l’Italia innumerevoli spazi tecnologici, né particolare rigore organizzativo. I dati che andremo a valutare sono estratti da una indagine che la Fondazione Marilena Ferrari, sostenuta da FMR-ART’E’ ha realizzato per mezzo del Censis. Da uno studio precedente era emerso che solo il 10% degli italiani quando pensa al patrimonio artistico del nostro Paese lo associa ad un potenziale business, mentre il 21,5% lo considera principalmente un’attrazione turistica. Possiamo quindi dire che il 30% circa degli italiani pensa al nostro patrimonio artistico in termini utilitaristici; per il 27% rappresenta invece la nostra forza identitaria ed il 41,3% sente che le cose meravigliose che sono presenti nel nostro Paese possono costituire la molla che ci farà ripartire e che potrebbe permettere un rilancio dell’Italia. Una ripartenza che include il business turistico, ma che non si esaurisce lì: è la linfa vitale a cui attingere, per ritrovare orgoglio e voglia di fare, speranza e gusto della vita. Quanto vale la bellezza in Italia? Alla domanda sul valore aggiunto della bellezza la risposta è “dipende”. Un conto è il peso della bellezza nell’oreficeria, nell’abbigliamento o nel turismo, tutti settori in cui un prodotto bello può tranquillamente costare il 30, 40 o anche il 70% in più rispetto ad un prodotto simile ma non bello, altra cosa è parlare di bellezza nell’industria meccanica, dove pesano anche altri fattori come l’affidabilità o la tecnologia; tutt’altra cosa infine parlare di bellezza nell’industria pesante o nel settore petrolifero, dove il valore aggiunto della bellezza è praticamente inesistente. Il bello pesa sulla produzione di ricchezza in Italia per circa il 5,4%, vale a dire che ogni anno il valore aggiunto prodotto dalla bellezza è pari a 74,2 miliardi di euro. Un “settore” che dà lavoro a un milione e trecentosettantamila persone. La bellezza fornisce, in quantità differenti, un apporto rilevante ad un gran numero di settori produttivi, un apporto tutto sommato limitato in alcuni comparti, come l’alimentare, dove la bellezza paesaggistica ed evocativa del nostro Paese favorisce un incremento di circa il 5% del valore aggiunto prodotto, vale a dire poco più di 2,3 miliardi di euro; mentre è un arricchimento ben più rilevante in altri settori come quelli dell’abbigliamento, dove la bellezza contribuisce a creare circa 3 miliardi di valore aggiunto o del calzaturiero con 2 miliardi prodotti ogni anno, per un valore complessivo, insieme al tessile di 6,8 miliardi di euro. Dove la bellezza pesa per il 100% è ovviamente l’intero comparto dei beni culturali, che da solo vale più di 17 miliardi di euro, grazie al turismo culturale, ai musei, alle mostre, agli alberghi e ai ristoranti delle città d’arte. La bellezza dunque non è un patrimonio immobilizzato, è una delle molle della nostra economia, la spinta a buona parte dei consumi, l’orgoglio di molti imprenditori, il punto di forza delle nostre esportazioni. Eppure la forza della bellezza nei settori produttivi si sta riducendo pian piano. Dieci anni fa la capacità degli italiani di fare cose belle contribuiva a produrre il 6,1% del valore aggiunto nazionale e dava lavoro ad un milione e quattrocentocinquantamila persone, vale a dire il 6,3% degli occupati. Oggi il contributo è sceso, in termini reali e deflazionati, di circa 8 miliardi di euro e gli occupati sono scesi di oltre ottantamila unità. Un ritorno forte alla bellezza, un rilancio delle capacità di produrre bellezza potrebbe se non altro farci recuperare quegli 8 miliardi di euro andati perduti. L'Italia è il primo Paese al mondo come patrimonio culturale; l'industria culturale in senso stretto, vale a dire la produzione artistica e la gestione dei beni culturali, rimane un'industria solida, in grado di mantenere le sue quote di mercato, il fatturato e l'occupazione, anche in un momento di crisi come questo.
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