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L’ ECONOMIA PRIVATA A CASTROVILLARI ALLA
METÀ DEL SETTECENTO
tratto da: " Scritti storici " di Umberto Caldora
NEL 1746, OLTRE DUE SECOLI FA, CASTROVILLARI CONTAVA 643 “FUOCHI”, PRESSOCHÉ
3500 ANIME, ED ERA AMMINISTRATA DAL SINDACO BERNARDINO PRINCIPE. LE RENDITE
COMPLESSIVE, ATTRAVERSO I RILIEVI CATASTALI, AMMONTAVANO A 31.382 ONCE, DELLE
QUALI 7.176 DI CHIESE, MONASTERI E LUOGHI PII; 2.796 DI ECCLESIASTICI RESIDENTI
NEL PAESE E 905 DI FORESTIERI. L’ONCIA, DEL VALORE MEDIO DI 3 CARLINI (10
CARLINI COSTITUIVANO UN DUCATO), RAPPRESENTÒ L’UNITÀ DI MISURA ADOTTATA NELLA
REDAZIONE DEL CATASTO CAROLINO CHE FU APPUNTO DENOMINATO ONCIARIO. LE RENDITE
SONO INDICATE AL NETTO: L’IMPONIBILE, DI FATTO, RISULTAVA DALLA DIFFERENZA TRA
LE ENTRATE (DALLE QUALI ERA ESCLUSA LA RENDITA NOMINALE DELLA PROPRIA
ABITAZIONE) ED I PESI TRIBUTARI; DA CIÒ DERIVAVA, PURE PER L’IMPERFEZIONE DEGLI
STRUMENTI FISCALI, (CHE RENDEVANO POSSIBILI GROSSE EVASIONI), RILEVANTI
RIDUZIONI COSÌ CHE ANCHE UN DISCRETO PROPRIETARIO POTEVA TALVOLTA FIGURARE NEL
CATASTO CON SCARSISSIMA O ADDIRITTURA NESSUNA RENDITA. PER FACILITÀ DI ANALISI,
ABBIAMO DIVISO LE RENDITE IN TRE PRINCIPALI GRUPPI: OLTRE 200 ONCE IL PRIMO, DA
150 A 200 ONCE IL SECONDO, DA 100 A 150 ONCE IL TERZO; TRASCURANDO LE RENDITE
INFERIORI CHE ERANO NUMEROSISSIME. NEL PRIMO GRUPPO (OLTRE 200 ONCE), LA RENDITA
MAGGIORE ERA QUELLA DEI DOLCETTI, CHE TUTTI INSIEME GIUNGEVANO A BEN 909 ONCE
NETTE TASSABILI. I SACERDOTI ANTONIO (ABATE DI S. LUCIA), FRANCESCO E MATTEO
DOLCETTI - TRE FRATELLI - AVEVANO UNITAMENTE UNA RENDITA DI 505 ONCE; L’ALTRO
FRATELLO CESARE, NOBILE E ABITANTE IN LOCALITÀ S. ANDREA, 363 ONCE E SUO FIGLIO
CRISTOFARO, SUDDIACONO, DI 21 ANNI, 41 ONCE. UNO DEI FIGLI DI CESARE, DIONIGIO,
DI A. 24, ERA DOTTORE IN LEGGE; UN ALTRO FRATELLO DI CESARE, GIUSEPPE, ERA
“SPEZIALE DI MEDICINA”. DUE ECCLESIASTICI SEGUIVANO I DOLCETTI: ANTONIO E
DOMENICO MORELLI, CON 379 ONCE. VENIVANO POI NELL’ORDINE: FELICE ANDREASSI,
MERCANTE DI ANIMALI, CON 362; IL DOTTORE (IN LEGGE) MARCANTONIO PUGLIESE DI A.
32 (AB. ALLA PIAZZA, CIOÈ A S. GIULIANO), CON 365; AGOSTINO GALLO DI A. 40 (AB.
ALLA RUGA), “CALZOLAIO” E PADRE DI 7 FIGLI (ANTONIO, CATERINA, ROSA, GIULIA,
VINCENZO, FELICIA, ANNA MARIA), CON 275; IL MERCANTE BERARDINO MUSMANNO DI A. 45
(AB. GIUDECA) - CHE IMPIEGAVA 400 DUCATI NELL’ACQUISTO DI TELE, COTONE, ORZO,
ALTRE MERCANZIE - CON 270 ONCE; IL DOTTORE (IN LEGGE) STEFANO PELLEGRINI DI A.
27 (AB. ALLA PORTA DELLA CATENA, MA RESIDENTE A NAPOLI DOVE AVEVA CONTRATTO
MATRIMONIO CON LUCIA MACRÌ DI QUELLA CITTÀ), CHE POSSEDEVA IL SUFFEUDO
CALABROLIO DEL PRINCIPE DI CARIATI, CON 260 ONCE; IL NOBILE G. B. BARATTA DE
DRAGONIBUS DI A. 60 (AB. ALLA MOTTA) CHE AVEVA - OLTRE A MOLTE TERRE IL SUFFEUDO
DI DIDONA PURE DEL PRINCIPE DI CARIATI CON 245 ONCE; IL “MAGNIFICO” MARIANO
SALERNO DI A. 30 (AB. FONTANA VECCHIA) CON 228; ED INFINE IL SAC. OTTAVIO
CASALNUOVO DEL CLERO DI S. GIULIANO, CON 212 ONCE. A QUESTO GRUPPO VA AGGIUNTO
PURE SIMONE PUGLIESE CON 313 ONCE, L’UNICA RENDITA NOTEVOLE DEI FORESTIERI (IN
GRAN PARTE DI S. BASILE) CHE POSSEDEVANO PROPRIETÀ NEL NOSTRO COMUNE. DICIAMO
ANCHE, PER INCISO, CHE I CITTADINI DI SAN BASILE SI RIFIUTAVANO DI PAGARE LE
TASSE SU QUESTI BENI CON L’INFONDATO PRETESTO DELLA PROMISCUITÀ DEL TERRITORIO,
LA QUALE GIAMMAI ERA ESISTITA. NEL SECONDO GRUPPO (150-200 ONCE) TROVIAMO SOLO
TRE PERSONE: IL SAC. GIROLAMO LAGHI (LO LAGO) DI A. 42, DEL CLERO DI S.
GIULIANO, CON 183 ONCE; IL NOTAIO ANTONIO PELLEGRINI (AB. 5. GIACOMO DEL CASALE)
DI A. 26 - I CUI FRATELLI CARMINE E DOMENICO ERANO RISPETTIVAMENTE SARTO E
CALZOLAIO - CON 179 ONCE; ED IL SAC. LELIO PRINCIPE (AB. CANNAROSSA) DI A. 43,
CON 175. PIÙ NUMEROSO È IL TERZO GRUPPO (100-150 ONCE), ALLA CUI TESTA È LO
STUDENTE IN LEGGE NICOLA LAGHI (LO LAGO) DI A. 21 (AB. ALLA PIAZZA), FRATELLO
DEL SAC. GIROLAMO, CON 141 ONCE. SEGUONO: PAOLO TOMMASINO DI A. 23, UN “MASSARO”
DELLA PIETÀ, CON 129; IL “FATTORE DI CAMPAGNA” ANDREA LA BOLLITA (O LABOLLITA)
DI A. 35 - I CUI FRATELLI VITO E GIOVANNI ERANO RISPETTIVAMENTE SACERDOTE E
CALZOLAIO - CON 128 ONCE; LO SPEZIALE DI MEDICINA GIOSAFATTE DE SANCTIS DI A. 41
(AB. ALLA PIAZZA), CON 126; IL DOTTORE FISICO, GAETANO LAGHI (LO LAGO) DI A. 42
(AB. S. GIACOMO DELLA CIVITA), CON 126; PIETRO PAOLO PEPE DI A. 50 (AB.
OLIVITELLO), CON 124; IL SAC. GIUSEPPE SALITURI CON 122; IL “MASSARO” PIETRO DI
LUCA DI A. 62 (AB. ROCCA POVERELLA) CON 119; LO STUDENTE FRANCESCO GIANNITELLI
DI A. 15 (AB. ALLA MOTTA) CON 114; IL “MASSARO DI BOVI” BENEDETTO ANDREASSI DI
A. 45, CON 111; IL “MASSARO DI PECORE” BENEDETTO BON DI A. 49 (AB. FONTANA
VECCHIA) CON 109; IL NOBILE DOMENICO SALITURI DI A. 45, DOTTORE “IN UTROQUE
JURE’ (AB. S. ANDREA), CON 108; IL BRACCIANTE GIULIANO PITTARO DI A. 43 (AB.
PIANO DELLE PERE) CON 108; ED IL “VATICALE” GIOVANNI MAFFIA CON 101 ONCE.
MOLTISSIME LE RENDITE INFERIORI A 100 ONCE. NE RICORDIAMO: IL CALZOLAIO ANTONIO
BARATTA DI A. 65 (AB. PIANO DELLE PERE) CHE IMPIEGAVA 200 DUCATI PER IL
COMMERCIO DELLE TELE ED AVEVA CINQUE FIGLI (NICOLA SACERDOTE, VITO CALZOLAIO,
DIONISIO STUDENTE, TERESA SUORA, GERONIMO “SOSTITUTO DEI FERRI”) CON 94 ONCE;
GIUSEPPE GENTILE “MASTRO PIGNATARO” DI A. 42 (AB. ALLA MOTTA) CON 87; IL DOTTORE
FISICO MATTEO ANDREASSI DI A. 40 (AB. ALLA MADDALENA), MARITO DI VIRGINIA LIPPO,
CON 86; DOMENICO ANDREASSI, UFFICIALE DELLA SALMA DEL NETO E FIGLIO DEL FU
NOTAIO GIULIO, DI A. 28 (AB. ALLA MOTTA), CON 73; IL DOTTORE (IN LEGGE)
CARL’ANTONIO MANCINI DI A. 23 (AB. GIUDECA) CON 65; LO SPEZIALE DI MEDICINA
GIUSEPPE ORIOLO (AB. PIANO DELLE PERE) DI A. 47; CARLO 1 ‘OCCASO CON ONCE 40,
RENDITA CHE, PER LA SUA MORTE IN QUE GLI ANNI, FU TRASFERITA AI DUE FIGLI
LEONARDO DI A. 21 “FERRARO” E GIOVANNI DI A. 19 “FORETANO” (FORESE); ECC. ESIGUE
ERANO, IN GENERALE, LE RENDITE NONOSTANTE CERTE POSIZIONI SOCIALI O ATTIVITÀ
PROFESSIONALI. LO SPEZIALE DI MEDICINA CARMINE SALERNO GIUNGEVA A 46 ONCE; LO
“SCULTORE E ARCHITETTO” CARLO CERCHIARO A 26 ONCE; IL NOBILE DON CARLO PARISE A
32; IL DOTTORE (IN LEGGE) FRANCO GESUALDI (AB. GIUDECA) A 26; FRANCESCO BONADIO
(BONADIES?), REGIO AGRIMENSORE, A 16; IL “MASTRO D’ARTI” GIOVANNI ANDREA D’AMATO
A 16; IL REGIO E APOSTOLICO NOTAIO CARMINE GIANGRECO (AB. S. ANDREA) A 58; LO
SPEZIALE DI MEDICINA GIUSEPPE FALESE (AB. VESCOVATO) A 51. NÉ MIGLIORE ERA LA
CONDIZIONE DI MOLTI “NOBILI”: FRANCESCO CAMPANELLA (AB. ALLE FORGE) E FERDINANDO
PRINCIPE NON AVEVANO RENDITA IMPONIBILE; MENTRE GIUSEPPE SALERNO (AB. MURO
ROTTO) E GIUSEPPE GIOFFRÈ ARRIVAVANO RISPETTIVAMENTE A 7 E 33 ONCE. COSPICUE,
INVECE, ERANO LE RENDITE ECCLESIASTICHE, DELLE QUALI VENIVA TASSATA SOLO LA
METÀ, PER VIA DEL CONCORDATO RECENTE CON LA S. SEDE (PRIMA ERANO ESENTI DEL
TUTTO DA TASSE). LA RENDITA DEI BENEDETTINI ARRIVAVA A 1505 ONCE; QUELLA DELLA
GRANCIA DELLA CERTOSA DI 5. NICOLA DI CHIAROMONTE (IN BASILICATA) - PASSATA POI
NEL 1809 IN PROPRIETÀ DI GAETANO GALLO PER ACQUISTO DALLO STATO - SI AGGI RAVA
SULLE CINQUEMILA ONCE ED ERA DI POCO INFERIORE ALLA RENDITA LOCALE DEL
FEUDATARIO PRINCIPE DI CARIATI. A 712 ONCE DI RENDITA GIUNGEVA IL CONVENTO DI 5.
FRANCESCO D ‘ASSISI (CON PROPRIETÀ A MAROGLIO, CAMERATA, VALLO, PALOMBARI,
SCARAPORCI, 5. VITO, GALIVOTI, ECC.); A 574 IL CLERO DI S. MARIA DEL CASTELLO
(CON PROPRIETÀ A PALOMBARI, BRUNETTO, VAICHERE VECCHIE, CELIMARRO, ECC.); A 508
LA COMMENDA DI S. GIOVANNI GEROSOLOMITANO (CON PROPRIETÀ ALLA PIETRE DEL MULINO,
CANAL GRECO, MORZIDOSO, ECC.); A 461 IL MONASTERO DI 5. MARIA SCALA (CON
PROPRIETÀ A 5. SEBASTIANO, CIARRA, MATINA, BRACALARGA, LE DESTRE, BANDERA,
ECC.); A 477 LA MENSA VESCOVILE DI CASSANO (CON PROPRIETÀ A S. ANGELO, S.
VENERE, PIANO DELLE ROSE, MACRINO, ECC.); A 198 IL CONVENTO DI S. DOMENICO (CON
PROPRIETÀ A BRUNETTO, SCARAPORCI, PALOMBARI, ECC.). A METÀ SETTECENTO, DUNQUE,
CASTROVILLARI PRESENTAVA DUE ASPETTI TIPICI PERDURANTI: IL SUO CARATTERE (E
NELL’ECONOMIA E NELLA MENTALITÀ) BORGHESE E LA SUA TENDENZA ALLE PROFESSIONI
LIBERA1I, INTESA COME MEZZO D’IMBORGHESIMENTO. IL PRIMO ASPETTO CI È CONFERMATO
DALLO SCARSO LIVELLO MEDIO DELLE RENDITE, SALVO QUALCHE SOLIDA FORTUNA. IN UN
PAESE DI PURA ECONOMIA AGRICOLA, LA PROPRIETÀ TERRIERA VENIVA DI SOLITO
COSTITUITA DA PICCOLE PARTICELLE NON CONTIGUE ED INCAPACI DI COSTITUIRE UN
QUALCHE LATIFONDO. MANCA QUINDI ANCHE UNA NOBILTÀ TERRIERA DI VECCHIA DATA E DI
CHIARA FAMA; I NOSTRI NOBILI ERANO, IN SOSTANZA, DEI GROSSI O PICCOLI BORGHESI.
IL SECONDO ASPETTO APPARE DALLA NOTEVOLE PRESENZA DI PROFESSIONISTI E DI
STUDENTI ANCHE IN FAMIGLIE DI EVIDENTE ORIGINE NON BORGHESE, INTENTE AD ATTIVITÀ
ARTIGIANE O COMMERCIALI. ANCHE DA NOI È CHIARA, NEL ‘700, LA GENERALE TENDENZA A
DIVENTARE NOBILI BORGHESI; COSÌ COM’È CHIARA LA VOLONTÀ DI MANTENERE SALDA LA
PROPRIETÀ E MIGLIORARLA, SE NON ACCRESCERLA, NELLA COSTANTE CONSUETUDINE DI
AVVIARE ALLA VITA ECCLESIASTICA I FIGLI (SI VEDA IL CASO DEI DOLCETTI O DEI
LAGHI, CHE NON SONO I SOLI) SÌ DA TRASMETTERE INTERAMENTE L’ASSE PATRIMONIALE AD
UNO DI ESSI. SI PENSI CHE NEL 1746 RISULTANO A CASTROVILLARI BEN 50
ECCLESIASTICI, NUMERO NEL QUALE NON SONO COMPRESI QUELLI DEI MONASTERI! LA
SITUAZIONE NON EBBE, PER CIÒ CHE SAPPIAMO, RILEVANTI MODIFICAZIONI LUNGO IL
SETTECENTO. LA PROPRIETÀ TERRIERA, COME SI È VEDUTO, ERA IN GRAN PARTE E LA
MIGLIORE NELLE MANI DEGLI ISTITUTI RELIGIOSI MENTRE LE BUONE FORTUNE SÌ
PRESENTAVANO ALQUANTO SOLIDE E SAGGIAMENTE AMMINISTRATE, SÌ DA NON POTER PENSARE
A QUALCHE TRACOLLO FINANZIARIO.
(“LA VEDETTA”, 9-9-1959)